Visita di Benedetto XVI alla sinagoga di Roma 17 gennaio 2010
L’opera commissionata all’artista veneziano Tobia Ravà dal professor Riccardo Di Segni, Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Roma, quale dono a Papa Benedetto XVI in occasione della visita alla Sinagoga di Roma del 17 gennaio 2010 (la seconda dopo quella di Giovanni Paolo II, dell’aprile del 1986), al Tempio romano, rappresenta l’immagine di un bosco azzurro.
La direzione spirituale, titolo dell’opera, è data dalla prospettiva centrale del pioppeto che porta verso l’infinito, in un’immagine interamente realizzata con numeri, lettere e parole ebraiche, che insieme costituiscono una texture alfanumerica sostenuta da una ferrea logica linguistica, quella della ghematrià, secondo la quale ogni lettera corrisponde ad un numero e così ogni parola ha oltre che un significato letterale anche un valore numerico, ma anche filosofico e segreto. In questo modo riesce a ricavare persino radici quadrate di concetti ed il numero teosofico di qualsiasi cifra sommandone tutte le unità in modo da ridurlo ad una sola cifra.
L’opera si fa testo, apparentemente indecifrabile e criptico, ma non appena ci si addentra nella foresta di simboli, e con un po’ di pazienza si cominciano ad isolare le lettere ed i numeri, si scoprono dei meravigliosi significati nascosti tra i rami e nei meandri di questi boschi. Affiorano nomi, messaggi, date ed anche la firma dell’artista (32). L’opera è incentrata sulla data della visita che compare in alto, in cielo, e sul nome “baruch”, in omaggio a Benedetto XVI, ed il numero 16, che troviamo invece a terra, con tutti valori ghematrici, numerici e teosofici collegati; è un inno al divino, alla terra, al creato, all’amore, all’unione e alla concordia tra gli uomini, come nella citazione testuale del Salmo 122, verso 6: shalu 377 shalom 376 Jerusalem 586 isch laiu oheveich (Pregate per il bene di Geusalemme: possano godere di tranquillità coloro che ti amano).
Sulla linea dell’orizzonte vi è il numero 45 che rappresenta l’uomo in quanto ghematrià di adam (uomo in ebraico, parola composta da alef, ossia la presenza divina, equivalente ad 1, e dam, sangue, 44). L’opera ha in effetti i colori corrispondenti a queste due parole, dell’infinito, dell’uno, eterno, indivisibile con l’azzurro che si fa sempre più etereo, rarefatto ed evanescente fino al bianco. Questo colore che è in superficie ha come base una colorazione rossa, simboleggiante il sangue e la carne dell’uomo.
Non si tratta della natura (parola che è presente in ebraico, ha teva) spontanea e selvaggia, ma regolare e controllata dall’uomo che in questo caso si fa socio di Dio nella creazione. L’uomo crea una natura ordinata: i Pioppi sono piantumati tutti ad una certa distanza, spesso lungo gli argini dei fiumi in aree golenali per rafforzarne le sponde e contenere le acque troppo abbondanti.
Il pioppeto è un tema ricorrente nella produzione artistica di Ravà e rappresenta la riqualificazione dell’essere umano che piantando alberi migliora il pianeta. L’artista ama affermare che preferisce l’uomo che pianta alberi piuttosto di quello che cementifica le sponde e costruisce capannoni.
L’opera d’arte così come il testo biblico può quindi essere letta secondo i 4 livelli del PaRDeS, che significa “frutteto” o “giardino”, parola che ha dato origine al termine “paradiso”. PaRDeS giunse ad avere un significato filosofico nell’ebraismo per un racconto narrato nel Talmud , in cui PaRDèS sembra rappresentare un “luogo” ideale, simbolico, interiore, e consono alla mediazione esoterica. Nell’ebraico più tardo “coloro che passeggiano nel frutteto” sono i giusti impegnati nella meditazione mistica. Le quattro consonanti PaRDèS vennero poi a rappresentare i quattro livelli stabiliti d’interpretazione delle Scritture. Ciascun verso della Bibbia può essere letto in riferimento al suo Pshàt, ovvero il suo ovvio e diretto significato, oppure secondo il Rèmez, un’allusione all’allegoria, filosofica o morale in esso contenuta; o ancora secondo il Deràsh, ovvero gli antichi metodi rabbinici di interpretazione, o in riferimento a Sod, il significato esoterico o qabbalistico. Il testo come anche l’opera d’arte o qualsiasi situazione della vita presenta al contempo diversi livelli di significato: questo aspetto del pensiero ebraico ha contribuito ad avere un approccio diverso, più articolato e pluridirezionale nella visione e soluzioni dei problemi sia a livello teorico che pratico.
Percorso del testo nell’opera
A partire dal centro dall’alto troviamo la data: 17 gennaio/ 2010/ schevat/ 2bet/ tav shin” àin /
5770 / Roma /247/26 (valore del tetragramma)
di seguito a scendere alcuni valori fondamentali per arrivare al centro del varco nel bosco con il numero 45 (valore ghematrico della parola adam, = uomo)
Dal basso verso l’alto, ultima riga da destra:
Baruch, 228 (valore ghematrico della parola Benedetto) zain (uguale a 7 valore teosofico di 16) 16 (sta per XVI°, valore ghematrico di av echad, che significa “un solo padre” )
Da sinistra (ultima riga):
32 (firma dell’artista) 50 (anni dell’artista nel momento d’esecuzione dell’opera) 1166 (numero dell’opera) 13 (sta per 13° lavoro dell’anno ebraico 5570 di seguito primo lavoro dell’anno 2010)
Seconda riga da destra sesto verso del salmo 122: shalu 377 shalom 376 Jerusalem 586 isch laiu oheveich (Pregate per il bene di Geusalemme: possano godere di tranquillità coloro che ti amano)
Terza riga dal basso dedicata al 228: valore ghematrico di Baruch (=Benedetto), di keruv (=cherubino), di etz chaim (= Albero della Vita), bakhor (= primogenito), 3 (corrispondente valore teosofico di 228)
Quarta riga dal basso: 1 alef (valore teosofico di 244 somma di 228 + 16) 244 tzadiqim (= i giusti)
Ghemarah (=commento alla Mishnà, parte principale del Talmud), radam (=addormentarsi), mered (=ribellione ), marad (=ribellarsi) madar (=inclinarsi), dimar (=essere stupefatti)
Quinta dal basso) è dedicata al 16 e al 256:
16 (valore ghematrico corrispondente a hi (=lei) a zug (=coppia) hoveh (=presente) av echad (=un solo padre), ezov (=isoppo, pianta medicinale), gabai (=tesoriere)
256 (la radice quadrata è 16) corrisponde a 256: Aharon (=Aronne, fratello di Mosè, Primo Gran Sacerdote, aronne significa “portatore di martiri”), nur (=fuoco), melekh elion (=re superno)
La sesta riga dal basso è dedicata al 13 e 169:
Il numero teosofico di 224 è 1 che è alef, echad (=uno) ha ghematrià 13, come ahavah (=amore), hagah (=meditare), hegheh (=voce), zavad (=dare un regalo), zeved (regalo)
13 è la radice quadrata di 169: ta’amim (=note musicali con le quali si canta la Torà) e la frase dal Cantico dei Cantici mum ein bakh (=in te non c’è difetto), teqes (=rito)
Settima riga dal basso seguono le parole che hanno valore ghematrico 207 tra le quali: adon olam (=il signore del mondo), or (=luce), ain sof (=Infinito), raz (=segret), zer (=corona), adon olam (=Il Signore del mondo), bohar (=luce brillante), gheder (=recinto), barah (=mangiare, assaggiare, dare cibo), zqenim (=vecchi, anziani)
L’ottava riga dal basso è dedicata alle parole di ghematrià 86: Eloim (=Onnipotente, uno dei nomi di D.o), Kli Y. H.V.H. (=il recipiente del tetragramma), ha kavvanah (=l’intenzione, la direzione spirituale, titolo del dipinto), chokhmah echad (=Sapienza+Uno), ha teva (=la natura), halleluiah (=esclamazione di lode), cos (=bicchiere), peach (=angolo di campo), avdi (=mio servo), mum (=difetto)
La nona riga dal basso è dedicata alla ghematrià di Adonai, 65 altro noto nome divino,
hallel (=lode), heikal (=palazzo), mezuzah (=rotolo di pergamena con lo Shama Israel che si mette sullo stipite delle porte), gavan (=sfumatura), dudaim (=mandragola), has (=silenzio)
La decima riga dal basso è dedicata al 410, valore ghematrico della parola Shemà (=ascolta, parola con cui si apre la principale preghiera ebraica), qadosh (=santo), Avraham + Beniamin (=la somma del valore numerico del primo e dell’ultimo membro della famiglia ebraica e della discesa in Egitto), shefel (=basso), shafal (=abbassare), Ararat (=monte su cui si fermò l’arca di Noè dopo il Diluvio), Mashiach Eliahu (=la somma del nome Messia ed Elia, che nella tradizione accompagnerà la sua venuta), metzaref (orefice, colui che raffina i metalli, ma anche colui che permuta le lettere secondo dei procedimenti mistici).
L’undicesima riga dal basso è dedicata al 314: valore di shadai (=Onnipotente) del Pi greco, dell’Angelo più potente: Metatron, e anche gehematria di or haemunah (= Luce della fede),
beqirbi (=dentro di me, al centro), chush (=senso), suach (= meditare) .
La dodicesima riga dal basso è dedicata alla mistica ebraica: qabbalah 137, dello stesso valore:
ometz (=coraggio), matzevah (=coraggio), ofan (=ruota), Yofiel (“la bellezza di D.o, nome di angelo), Yom ve laila (=giorno e notte), chockmah + nevuah (=sapienza+profezia).
La tredicesima riga dal basso è dedicata al giorno di gennaio dell’incontro, il 17 che è il valore ghematrico della parola tov (=bene), egoz (= noce), hagadah (= racconto), ghedi (=capretto), zevach (= sacrificare).
La quattordicesima riga dal basso è quella dedicata a Roma, resh 200, vav 6, mem 40, alef 1 = 247
come: zamer (= cantante), zemer (=canzone), zamar (= cantare), zerem (=fluire, scorrere),
razam (= allusione simbolica), maor (= Datore di Luce) e della frase “ noach matzah chen” (= Noè trovò grazia).
La quindicesima e la sedicesima riga dal basso riportano i valori ghematrici di alcuni nomi di D.o
ed i valori fondamentali dell’ etica.
NB Ogni lettera ebraica ha un valore etico, esoterico e numerologico, è quindi un numero e ogni parola ebraica (vale) la somma dei valori delle lettere che la formano, questa si chiama “ghematria”, o valore ghematrico. Parole dello stesso valore ghematrico sono legate fra di loro, positive e negative rendono il loro valore equilibrato. Spesso i concetti sono il risultato logico di somme, radici quadrate, equazioni e/o formule matematiche;
per es. av (=padre, alef 1 + bet 2 =) 3 +
em (= madre, alef 1 + mem 40 =) 41 =
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ieled (= bambino, iod 10 + lamed 30 + dalet 4 =) 44